Il conciliante
Sorridente, gentile, gradevole; sempre pronto ad accogliere le iniziative degli altri. Finalmente! Questa figura potrebbe rappresentare il collega o il capo ideale, persino il collaboratore migliore che potesse capitarci. Difficile scontrarsi con lui.
Esprime sempre consenso e apprezzamento per gli altri, quasi in maniera imbarazzante. A questo punto cominciamo a dubitare: non starà per caso fingendo? Avrà capito davvero ciò che gli ho chiesto?
In realtà, approva sempre chiunque perché non sono le idee degli altri che gli interessano, ma l’essere accettato come parte del gruppo, anche se lui è il capo. Il profondo bisogno di affetto gli induce un forte desiderio di armonia: perciò evita qualsiasi tipo di conflitto o di discussione.
Il troppo storpia
Il conciliante non insiste mai per convincere qualcuno ad adottare le proprie idee. Non occorre lodarlo, per renderlo felice, basta uno sguardo di apprezzamento o un cenno affermativo. Essere accettato nel gruppo lo fa sentire sicuro e protetto.
Tuttavia, il troppo storpia. L’eccesso di complimenti e di ringraziamenti, l’essere sempre d’accordo, suona in modo stonato e induce a sospettare che alla base di questa apparente sintonia ci sia del falso, o quanto meno una nota di insincerità.
Per evitare conflitti, il conciliante a volte si assume delle colpe che non ha e si scusa eccessivamente. Il capo dopo un po’ non riesce più a tollerare un collaboratore troppo condiscendente, un muro di gomma. Il collaboratore invece si stanca di avere un capo conciliante, non capisce mai se sta lavorando bene o male, non si sente difeso né supportato.
Armonia e condivisione sono senza dubbio situazioni ideali, ma anche il conflitto e il contrasto hanno validità esistenziale, in quanto permettono di esprimere punti di vista e ragioni.
Una bomba a tempo
Il problema con il conciliante è che secondo lui gli altri sono migliori. Si sottovaluta; non sviluppa le proprie capacità perché ritiene di non averne, si inibisce da solo e si autolimita. Se poi ha a che fare con persone aggressive e arroganti, il conciliante si sente indefinitamente schiacciato, non tenta alcuna ribellione.
Il conciliante a questo punto scoppia in espressioni di rabbia repressa, per la quale si scuserà immediatamente riprendendo il circolo comportamentale vizioso nel quale si sente a proprio agio. Che fare per uscire da questa situazione? Può essere utile entrare a testa bassa in un piccolo conflitto, chiedendosi: “Se perdo, cosa può succedere? Se vinco, cosa può succedere?”
Scoprendo che gli altri non ci volteranno le spalle soltanto perché abbiamo osato discutere il loro punto di vista, anzi, ci apprezzeranno di più per aver portato alla luce qualcosa di nuovo.